Queste sonno le sancte e dolci operazioni che io richieggio da' servi miei: ciò sonno queste virtú intrinseche de l'anima, provate come detto ho; non solamente quelle virtú che si fanno con lo strumento del corpo, cioè con atto di fuore o con diverse e varie penitenzie, le quali sonno strumento di virtú, ma non virtú.
- I. Qui comincia el trattato de la discrezione. E prima, come l'affetto non si die ponere principalmente ne la penitenzia ma ne le virtú. E come la discrezione riceve vita da l’umilita, e come rende ad ciascuno el debito suo.
- II. Similitudine come la canta, l'umilita e la discrezione sono unite insieme; a la quale similitudine l'anima si debba conformare.
- III. Come la penitenzia e gli altri exercizi corporali si debbono prendere per strumento da venire a virtú e non per principale affecto. E del lume de la discrezione in diversi altri modi e operazioni.
- IV. Repetizione d'alcune cose gia dette, e come Dio promette refrigerio a' servi suoi e la reformazione de la sancta Chiesa col mezzo del molto sostenere.
- V. Come questa anima per la responsione divina crebbe insiememente e manca in amaritudine; e come fa orazione a Dio per la Chiesa sancta sua e per lo popolo suo.
- VI. Come Dio si lamenta del popolo cristiano, e singularmente de' ministri suoi, toccando alcuna cosa del sacramento del Corpo di Cristo e del benefizio de la Incarnazione.
- VII. Come la colpa è piú gravemente punita doppo la passione di Cristo che prima, e come Dio promette di fare misericordia al mondo e a la sancta Chiesa col mezzo dell'orazione e del patire de' servi suoi.
- VIII. Come questa anima cognoscendo piú de la divina bontá, non rimaneva contenta di pregare solamente per lo popolo cristiano e per la sancta Chiesa, ma pregava per tutto quanto el mondo.
- IX. Come Dio si lamenta de le sue creature razionali e maximamente per l'amore proprio che regna in loro, confortando la predetta anima ad orazione e lagrime.
- X. Come neuno può uscire de le mani di Dio, però che o egli vi sta per misericordia o elli vi sta per giustizia.
- XI. Come questa anima crescendo nell'amoroso fuoco desiderava di sudare di sudore di sangue; e reprendendo se medesima faceva singulare orazione per lo padre dell'anima sua.
- XII. Come senza tribolazioni portate con pazienzia non si può piacere a Dio; e però Dio conforta lei e il padre suo a portare con vera pazienzia.
- XIII. Come, essendo rotta la strada d'andare al cielo per la disobedienzia d'Adam, Dio fece del suo Figliuolo ponte per lo quale si potesse passare.
- XIV. Come Dio induce la predecta anima a raguardare la grandezza d'esso ponte, cioè per che modo tiene da la terra al cielo.
- XV. Come tutti siamo lavoratori messi da Dio a lavorare ne la vigna de la sancta Chiesa. E come ciascuno ha la vigna propria da se medesimo; e come noi tralci ci conviene essere uniti ne la vera vite del Figliuolo di Dio.
- XVI. Per che modo Dio pota i tralci uniti con la predetta vite, cioè i servi suoi, e come la vigna di ciascuno è tanto unita con quella del proximo, che neuno può lavorare o guastare la sua che non lavori o guasti quella del proximo.
- XVII. Come la predetta anima, doppo alcune laude rendute a Dio, el prega che le mostri coloro che vanno per lo ponte predetto e quelli che non vi vanno.
- XVIII. Come questo benedetto ponte ha tre scaloni, per li quali si significano tre stati dell'anima. E come questo ponte, essendo levato in alto, non é pera separato da la terra. E come s'intende quella parola che Cristo dixe: “Se Io sarò levato in alto, ogni cosa trarrò a me ».
- XIX. Come questo ponte é murato di pietre, le quali significano le vere e reali virtú, e come in sul ponte è una bottiga, dove sì dú el cibo a' viandanti; e come chi tiene per lo ponte va ad vita, ma chi tiene di sotto per lo fiume, va ad perdizione e ad morte.
- XX. Come per ciascuna di queste due strade si va con fadiga, cioè per lo ponte e per lo fiume. E del dilecto che l'anima sente in andare per lo ponte.
- XXI. Come questo ponte, essendo salito al cielo el di de la Ascensione, non si parti però di terra.
- XXII. Come questa anima, maravigliandosi de la misericordia di Dio, raconta molti doni e grazie procedute da essa divina misericordia ad l'umana generazione.
- XXIII. De la indignita di quelli che passano per lo fiume, di sotto al ponte decto; e come l'anima, che passa di sotto, Dio la chiama arbore di morte, el quale tiene le radici sue principalmente in quatro vizi.
- XXIV. Come e' fructi di questo arbore tanto sono diversi quanto sono diversi e' peccati. E prima del peccato de la carnalitade.
- XXV. Come el frutto d'alcuni altri è l'avarizia. E de' mali che procedono da essa.
- XXVI. Come d'alcuni altri, e' quali tengono stato di signoria, el loro fructo è ingiustizia.
- XXVII. Come per questi e per altri defecti si cade nel falso giudicio. E de la indignità ne la quale perciò si viene.
- XXVIII. Qui parla sopra quella parola che dixe Cristo quando dixe: « Io mandarò el Paraclito che riprendere el mondo de la ingiustizia e del falso giudicio ». E qui dice come una di queste reprensioni è continua.
- XXIX. De la seconda reprensione, ne la quale si riprende de la ingiustizia e del falso giudicio in generale e in particulare.
- XXX. Di quattro principali tormenti de' danpnati; a' quali seguitano tucti gli altri e in singularita della ladiezza del demonio.
- XXXI. De la terza reprensione, la quale si farà nel di del giudicio.
- XXXII. Come i danpnati non possono desiderare alcuno bene.
- XXXIII. De la gloria de' beati.
- XXXIV. Come doppo el giudicio generale crescerá la pena de' danpnati.
- XXXV. De la utilita de le temptazioni, e come ogni anima ne la extremita de la morte vede e gusta el luogo suo, prima che essa anima sia separata dal corpo, cioè o pena o gloria che debba ricevere.
- XXXVI. Come el demonio sempre piglia l'anime sotto colore d'alcuno bene. E come quelli che tengono per lo fiume, e non per lo ponte predetto, sono ingannati, però che volendo fuggire le pene caggiono ne le pene; ponendo qui la visione d'uno arbore che questa anima ebbe una volta.
- XXXVII. Come, avendo el mondo per lo peccato germinato spine e triboli, chi sono quelli ad cui queste spine non fanno male, bene che neuno passi questa vita senza pena.
- XXXVIII. De' mali che procedono da la cechita dell'occhio de l'intelletto. E come li beni che non sono facti in stato di grazia non vagliono ad vita etterna.
- XXXIX. Come non si possono observare i comandamenti che non si observino i consigli. E come in ogni stato che la persona vuole essere, avendo sancta e buona volontà, è piacevole a Dio.
- XL. Come li mondani con ciò che posseggono non si possono saziare; e de la pena che dá loro la perversa volontà pur in questa vita.
- XLI. Come el timore servile non è sufficiente a dare vita eterna; e come exercitando questo timore si viene ad amore de le virtú.
- XLII. Come questa anima venne in grande amaritudine per la cechità di quelli che s'annegavano giú per lo fiume.
- XLIII. Come i tre scaloni figurati nel ponte giá decto, cioè nel Figliuolo di Dio, significano le tre potenzie dell'anima.
- XLIV. Come, se le predecte tre potenzie dell'anima non sono unite insieme, non si può avere perseveranzia, senza la quale neuno giogne al termine suo.
- XLV. Exposizione sopra quella parola che dixe Cristo: « Chi ha sete venga ad me e beia ».
- XLVI. Che modo debba tenere generalmente ogni creatura razionale per potere escire del pelago dei mondo e andare per lo predecto sancto ponte.
- XLVII. Repetizione in somma d'alcune cose giá decte.
- XLVIII. Come Dio, volendo mostrare a questa devota anima che i tre scaloni del sancto ponte sono significati in particulare per li tre stati dell'anima, dice che ella levi sé sopra di sé a raguardare questa veritá.
- XLIX. Come questa devota anima, raguardando nel divino specchio, vedeva le creature andare in diversi modi.
- L. Come el timore servile, senza l'amore de le virtú, non è sufficiente a dare vita eterna. E come la legge del timore e quella dell'amore sono unite insieme.
- LI. Come, exercitandosi nel timore servile, el quale è stato d' inperfeczione (per lo quale s'intende el primo scalone del sancto ponte), si viene al secondo, el quale è stato di perfeczione.
- LII. De la inperfeczione di quelli che amano e servono Dio per propria utilita e diletto e consolazione.
- LIII. In che modo Dio manifesta se medesimo all'anima che l'ama.
- LIV. Perché Cristo non dixe: «Io manifestarti el Padre mio», ma dire: « Io manifestarò me medesimo ».
- LV. Che modo tiene l'anima per salire lo scalone secondo del sancto ponte, essendo giá salita el primo.
- LVI. Come, amando Dio inperfectamente, inperfectamente s'ama el proximo. E de' segni di questo amore inperfecto.